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8 Aprile 2014

Kuwait, meta insolita e insospettabile

Di Redazione

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Margherita Calderoni – Chi arriva in aereo di notte vede un deserto punteggiato dalle fiamme dei pozzi di petrolio, chi arriva di giorno vede una corona di navi cisterna lunga la costa. Il Kuwait è il più piccolo stato del mondo geograficamente parlando e il maggior esportatore di petrolio del mondo arabico, da quando la scoperta di grandi giacimenti negli anni 30 lo ha trasformato in uno degli stati più ricchi della penisola. Da posto di passaggio di saltuari beduini ( nel 500 la tribù dei Banu Khaled costruì un piccolo fortino, “kout”, da cui il nome del paese) è quindi diventato un centro brulicante di petrolieri, banchieri e manovalanza straniera che gravita attorno al milione di kuwaiti molto benestanti. Gli altri due milioni che popolano il paese sono  tecnici e professionisti occidentali, nonché egiziani,indiani, pakistani, bengalesi, filippini, malesi. Nonostante queste “macchie di colore” asiatiche, i locali vestono in tunica bianca e tipico copricapo arabo, le donne in nero dalla testa ai piedi, spesso velate. Molto osservanti della legge islamica, non si bevono alcolici e non ci sono forme di mondano intrattenimento occidentale, almeno pubblicamente. Turisticamente parlando quindi può sembrare stimolante solo a chi piace un arido deserto con clima torrido e zaffate di petrolio nell’aria, fra una tempesta di sabbia e l’altra. Eppure…Il fascino del contrasto fra vecchio e nuovo attira e coinvolge, incuriosisce e piace, anche perché è un paese efficiente e ordinato e la gente affabile e cordiale, mantenendo lo spirito antico dell’ospitalità, nonostante i recenti saccheggi e distruzioni. La ferita dell’invasione irachena e la presenza militare americana sono ancora tangibili, ma io ho visto cantieri edili in enorme espansione secondo un’architettura moderna ed elegante, con spazi verdi e spiagge invitanti, e ho incontrato persone gentili, generose, intelligenti e colte con cui ho parlato di arte, politica, storia e religione, nonché di viaggi perché i kuwaiti hanno case in tutto il mondo. Ho visitato gli alberghi più lussuosi, i ristoranti più esclusivi, le ville più sfarzose, i centri commerciali più vasti, ben forniti e fastosi. E mi sono tuffata in un mare nonostante tutto limpido, caldo e invitante sia lungo coste deserte che in resort e club privati per espatriati. Dopotutto era il mare delle perle. Nei supermercati si trova di tutto, dalle ciliegie cilene, ai kiwi italiani all’uva australiana. Alcuni si fanno il vino in casa. La gastronomia è tale da soddisfare ogni gusto e palato, con provenienza e denominazione internazionale. I crostacei la fanno da padrone, perché ancora pescati al largo con i Dow, le tipiche imbarcazioni  di un tempo, suggestive e affilate, lunghe anche 30 metri, oggi naturalmente superdotate di ogni innovazione tecnica. Dopotutto i kuwaiti erano  pescatori e commercianti, figli anche loro di Sinbad il marinaio. Ho visitato il cantiere dove li costruiscono ancora, anche se naturalmente  un edificio accanto si è adattato alle esigenze turistiche e li crea in tutte le dimensioni per la vendita al dettaglio come souvenir da tavolo. L’artigiano incaricato è un vecchio capomastro, che parla solo arabo e la lingua internazionale degli uomini di mare, pratico e spiccio ma anche curioso e disinteressato ai soldi.  Di fronte c’è il National Museum con oggetti di costume, storia e tradizione del paese, che allestisce anche eventi culturali dove gli artigiani rimasti fanno sfoggio della loro arte antica nell’intaglio, nell’intarsio, nella tessitura e pure nell’intreccio di corda e canne. Soprattutto c’è una sezione archeologica con reperti molto rari e splendidi sigilli arcaici dall’isola di Failaka, dove lasciò l’impronta Alessandro Magno di passaggio verso l’India.Failaka Island, una piccolo perla turistica, non solo eufemisticamente perche’ questo un tempo era il mare delle perle, finche’ non sono arrivati sul mercato I giapponesi.  40 minuti di barca da Kuwait City e si torna 4000 anni indietro. Un tempo nota come Ikaros, e’ probabilmente l’area abitata piu’ a lungo del paese, ricca di acqua e quindi  punto di rifornimento per le navi in transito. Traccia importante di questi passaggi sono gli scavi arecheologici che hanno riportato alla luce insediamenti umani dall’eta’ del bronzo in poi. Fra questi risaltano templi e fortezza ellenistica, edifici medievali e  presenze cristiane, con significativi ritrovamenti da squadre di studiosi da tutto il mondo, inclusa l’Universita’ di Perugia, ospitati in un attrezzato edificio sotto la supervisione di archeologi locali che come dappertutto conoscono ogni sasso che calpestano e si sentono frustrati per la mancanza di fondi che farebbe scoprire ancora molto. Nel frattempo il governo cerca di riconvertirla come Island of Adventure. Gia’ destinazione di rilassanti week-end sul Golfo prima dell’invasione irachena, l’isola mostra le ferite di una guerra lampo   che l’ha spopolata, ma recenti iniziative la stanno riproponendo come meta turistica per short breaks.  The Heritage Village e’ una piccola oasi di pace per chi non e’ interessato a trascorrere I fine settimana nei fantasmagorici shopping centres della capitale. Partendo su un catamarano da Marina Crescent, si e’ accolti da shuttle buses che recapitano al Village Reception dove I visitatori prendono visione di quanto viene offerto.  L’edificio si apre su un vasto cortile  dove si apre un Souq, mercato, con botteghe artigiane di ceramiche e tappeti sadu, della tradizionale tessitura locale. Coffe shop, shisha café’, una tenda in stile beduino e un museo nel palazzo restaurato dello sceicco Abdulla Al Salim Al Sabah coronano lo spazio dedicato anche a intrattenimento per I piu’ piccoli, vedi uno zoo, una pista go-kart e recinti di animali per escursioni su cammello o su pony Shetland. A parte la piscina del centro, questo offre anche sport acquatici e crociere a corto raggio lungo costa o alla vicina isola di Miskan, vero paradiso di tranquillita’. Nessun problema poi per rifocillarsi: il ristorante Oasis insieme ad altri offre specialita’ della cucina locale, specie I tipici dolci arabi, oltre ad ottimo pesce e prodotti coltivati nelle serre dell’isola. Gli scavi archeologici sono visitabili solo con permesso governativo ma la suggestione di antiche civilta’ gravita ancora attorno e rende questa isola un luogo speciale  per weekend diversi.Altrimenti si torna sulla terraferma, sul bel lungomare della Gulf Avenue disseminata di clubs, McDonalds, Kentucky fried chiken, Pizza Hut ,e ordinati giardini, fino alle famose torri di acciaio e vetro, simbolo del Kuwait, dove un ristorante girevole permette di ammirare il golfo persico e la estesissima capitale con i suoi audaci grattacieli, i suoi innumerevoli minareti, i suoi spettacolari palazzi, molti rivestiti in marmo di Carrara, come le faraoniche ville dei nuovi imprenditori miliardari, dove si cammina su mattonelle di madreperla, lapislazzulo, occhio di tigre, innovazioni decorative della Marble Boutique, fondata da un fortemarmino. E spettacolari shopping centres dove la gente passa il week-end fosse solo per godere il fresco dell’aria condizionata. Marina Mall è uno dei preferiti perchè si affaccia su una piccola baia che il venerdì diventa forse la zona più animata di Salmya, uno dei distretti di Kuwait city. Una specie di Croisette senza bar e bagnanti in topless, ma con la stessa sequenza di locali all’aperto sulla passeggiata circolare di fronte al pittoresco porticciolo fitto di panfili ormeggiati, fra palme, panchine e caffè: un luogo di “struscio” per i giovani vestiti senza paludamenti arabi, un posto di relax per gli stranieri con nostalgie mediterranee di fronte ad un bel profilo della città, anche se devono accontentarsi di birra analcolica. Per le nostalgie da Mille e una Notte invece ci sono i mercati locali e i facchini che seguivano col cesto Zobeida durante le sue compere si sono organizzati con i carrelli per le attuali clienti, più velate della suddetta ai tempi del Califfo Haroun –El- Rashid. Il pù antico è il Souq di Mubarakia e come allora si sentono, fra altri effluvi, quelli di spezie e di incensi, fra cascate di  datteri, apoteosi di olive , trionfi di banane e profusione di fragranze aromatiche  dolciastre di cui amano cospargersi li arabi, uomini e donne. Non manca il luccichio di oreficerie e l’abbondanza di tappeti, tuniche e turbanti, monili di tutte le fogge e metalli., cammelli di tutte le dimensioni. Ogni spazio è occupato da mercanzia, ceste e ferrivecchi dappertutto, spuntano bottegucce artigiali fra quelle antiquarie, sarti, tornitori, barbieri, merciai, macellai fra sale da tè e luoghi di preghiera, rigorosamente maschili e femminili. E c’è ancora possibilità di trattare il prezzo per portarsi via per pochi spiccioli una bella daga da cerimonia o un cuscino da tenda beduina o una lucerna artisticamente decorata: magari potrebbe uscirne un “gin” imprigionato con tante belle storie da raccontare come usava un tempo, quando i fuochi nel deserto erano solo quelli dei bivacchi dei carovanieri e non quelli dei pozzi di petrolio.

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