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10 Luglio 2014

Fiori, uccelli, serpenti, scheletri e Madonne nella pittura di Jacopo Ligozzi

Di Redazione

Ritratto di Cosimo de Medici

Gian Luigi Zucchini  –   Davvero “Un anno ad Arte” questo 2014 a Firenze,  titolo con cui si è voluto riassumere il progetto fiorentino, costituito da ben nove mostre, più alcune altre di grande rilievo che, pur non rientrando nel contesto progettuale, arricchiscono gli itinerari di questa città aggiungendo ulteriori valori a quelli già da tempo presenti (es. “Pontormo e Rosso Fiorentino” a Palazzo Strozzi, fino al 20 luglio). I luoghi interessati sono gli Uffizi, il Palazzo del Bargello, la Galleria dell’Accademia, e Palazzo Pitti, dove, nella Galleria Palatina, è aperta fino al 28 settembre, una mostra su “Jacopo Ligozzi ‘pittore universalissimo’. Verona 1549 c. – Firenze 1627”, accompagnata da un corposo catalogo Sillabe, elegantissimo e di bell’effetto visivo. Chi fosse costui, è raro il saperlo. Citato qua e là, pressoché scomparso dai testi più diffusi di storia dell’arte, occupava fino ad ora una nicchia oscura dove entravano soltanto assidui studiosi, per scrutarne i segreti. Per saperne di più, si approfitti quindi della mostra in questione, ghiotta occasione dove si potranno scorrere per la prima volta numerose sue opere tra meraviglie e stupori. 

Fine della recensione.

Ma come? Così stringata? Così, verrebbe da dire, penosamente sbrigativa? Direi di sì, perché volendo dire anche soltanto poco di questo squisito disegnatore, illustratore, pittore, decoratore e incisore, non basterebbero certo le poche righe di un articolo. Però, tanto per allungare un po’ il discorso, proviamo allora a sollecitare la curiosità, per indurre il lettore almeno ad una prima conoscenza di questo artista, poi eventualmente anche alla visita della mostra ed alla lettura del catalogo. Vediamo innanzitutto i molti ambiti in cui egli si addentra, per cui  venne definito dallo storico seicentesco Filippo Baldinucci, “pittore universalissimo”. In primo luogo, disegni della natura: fiori, piante, animali, insetti, pesci, uccelli….L’interesse di ritrarre dal vero questi elementi emerge soprattutto nel Cinquecento, insieme al germogliare del pensiero scientifico ed al razionalismo filosofico. Già Leonardo parlava di “fiori ritratti al naturale”, riferendosi a suoi disegni di fiori eseguiti da giovane. E il Ligozzi ritrae con felicità espressiva quanto già, nell’epoca, alcuni altri  andavano facendo, ma immettendo nei suoi disegni il tocco artistico, la bellezza e la chiarezza esemplare delle tinte. Fu apprezzato, per queste puntuali ed analitiche osservazioni, sia dal punto di vista pittorico che scientifico, tanto che Ulisse Aldrovandi, che pure studiava la natura e ne proponeva gli aspetti più significativi mediante il disegno eseguito da perfetti illustratori, stimava dell’artista l’esattezza quasi calligrafica, affermando che “giorno e notte egli non attende ad altro che dipingere piante ed animali di tutte le sorti”. Apprezzato dunque come pittore di ‘naturalia’ (cioè di ‘cose naturali’) presso la corte medicea, fu in seguito impegnato come ritrattista di personaggi aristocratici o principeschi (Medici, Gonzaga, ecc.), ed anche decoratore, arredatore, progettista di abiti,  e ricami per tessuti, di manufatti di pietre dure (piani di tavoli, consoles e altro; diversi in mostra); poi disegnatore e pittore, attività di cui in mostra vediamo diversi esempi: in particolare, le opere sul tema della morte e i dipinti d’altare. Uomo profondamente religioso, il Ligozzi avvertì con inquietudine profonda le tematiche spirituali, anche in seguito ai severi richiami indotti dalla Controriforma cattolica; ed  i lavori dedicati al ‘Memento mori’ (ricordati che devi morire), sono per questo di accesa invenzione, tra il macabro e l’emotivo fantastico, con scheletri intenti a cupi riti di distruzione, demoni immersi n gironi infernali, tormentate allegorie dove il confronto tra la bellezza rilucente della giovinezza e l’osceno disfacimento della morte viene ripreso in termini addirittura esasperati (si vedano i Ritratti maschile e femminile ‘Natura morta macabra’). Nelle pale d’altare, la sua pittura risulta sempre inquieta ma più rasserenata. Tra bagliori di luce e ombre corrusche, si intuiscono le prime accensioni caravaggesche, mentre echi guercineschi (“La Madonna con Bambino appare a San Francesco”, 1618), avvilimenti e compassioni barocche si intrecciano tra preziosi cromatismi quasi veneziani (“Martirio di Santa Dorotea”).

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