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22 Febbraio 2018

Musica ed Arte alla Corte Ducale di Mantova, tra Monteverdi e Mantegna.

Di Redazione

L_orfeo_monteverdiGIAN LUIGI ZUCCHINI  –  Siamo negli ultimi trent’anni del Cinquecento. Tra le splendide corti del nord-Italia, spiccano, per cultura ed apertura all’arte, alla musica, alla poesia, al teatro, quelle di Ferrara e di Mantova. Per la musica tuttavia, entrambe, ma soprattutto Mantova, si collegano a Venezia, da cui si irradia una cultura artistica e musicale che fino all’ultimo ‘700 darà lustro alla Serenissima ed all’Italia intera.

In questi anni presso la corte mantovana dei Gonzaga, avevano lavorato  artisti di valore altissimo, tra cui Andrea Mantegna, che dipinse la famosa e notissima ‘Camera degli sposi’, e, tra altri minori, Giulio Romano, che affrescò il Palazzo Tè, fatto costruire in quel periodo ricordato come l’età d’oro della città e del ducato. Grande merito va senza dubbio a Isabella d’Este, figlia di Ercole d’Este, sposa di Francesco II Gonzaga ed al figlio Ferdinando, che allargarono la collaborazione con i più importanti personaggi del tempo, attuando nel contempo una politica di larghe vedute e di tolleranza in un periodo di grandi mutamenti storici e politici, nonché religiosi. E fu proprio nell’ambito della corte dei Gonzaga, che crebbe come musicista l’ebreo Salomone Rossi, il quale fu poi musicista, e lasciò numerosi lavori di notevole rilievo. Questo spazio, concessogli nonostante gli ebrei fossero tenuti al margine della società e della cultura, fu dovuto  sia alla sua genialità creativa, che agli insegnamenti avuti dal suo maestro Claudio Monteverdi cremonese, uno dei più importanti musicisti dell’epoca, che lasciò rilevante impronta di sé e della sua genialità musicale soprattutto a Venezia, dove fu anche Maestro di Cappella in San Marco.

Ora di Salomone Rossi detto L’Ebreo (Mantova, 1570 – 1628 o ’630) esce presso la storica casa musicale Bongiovanni di Bologna,  un CD di notevole qualità, sia per il prestigioso gruppo di esecutori, sia per la qualificata scelta dei brani, e soprattutto per l’eccezionale riproposta di un musicista scarsamente o addirittura per nulla conosciuto, che nella sua musica cala anche (novità assoluta per l’epoca) echi e citazioni di salmi religiosi ebraici (SALOMONE ROSSI EBREO – A Jewish composer in XVII Century Italy; libretto di presentazione in italiano e in inglese di G. L. Zucchini) tanto più è importante il disco, perché a confronto riporta brani dello stesso Monteverdi, di Martino Pesenti e di Giovanni Legrenzi, per consentire sia a musicologi che a semplici ascoltatori di operare i possibili confronti tra la produzione di autori diversi nello spesso periodo storico. Gli esecutori fanno parte dell’Ensamble La Dafne’, diretto dal maestro concertatore e primo violino Stefano Rossi, che comprende Ayako Natsunga (violino II), Rosita Ippolito (viola da gamba), Fabiano Merlante (tiorba e chitarra barocca) e Valeria Montanari (clavicembalo). Un particolare cenno di apprezzamento per i cantanti Gloria Bandinelli, mezzosoprano, Lucia Schwarz, Sara Morandini e Simona Hafele, soprani e Michele Andalò, contraltista, uno dei più validi e completi esecutori esistenti oggi, capace di una tessitura molto ampia e di tonalità ottimamente giocate tra timbri profondamente scuri e altri chiari e limpidi, sempre però di vellutata e morbida emissione.

 

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