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28 Maggio 2015

Espressionismo e nuova oggettività

Di Redazione

tra operaismo, prostitute, macchine, gay e turbamenti esistenziali

05 - ELK - Nudo femminile di spalle con specchio e figura maschileGian Luigi Zucchini – Tra fine Ottocento e primi anni del Novecento, grandi fermenti e turbamenti. Si succedono nell’arte, e non solo, sconvolgimenti  di forme, contenuti, colore, volumi, spazi. Cubismo, surrealismo, varianti molteplici di post-impressionismo, futurismo, dadaismo, espressionismo…con – anche qui – molteplici varianti: si guarda attentamente ai fauves (declinazione francese del fenomeno impressionista) e in particolare a Matisse, ma anche al Doganiere Rousseau e a Munch: disperazione, aggressività, angoscia, soprattutto in Germania, con deformazioni stilistiche, figure dai contorni taglienti e appuntiti (Kirchner), spesso evidenziati e incorniciati di nero (come in Rouault, nei primi tempi), e paesaggi stravolti e sovvertiti (Soutine, o Nolde, talvolta), scene cittadine drammatiche (tra Munch e altri squallori impietosi), interni poveri e solitari, nudi lascivi e malinconici, molti seni cadenti e bacini ossuti, sguardi assenti, sesso ambiguo, con gay, lesbiche e travestiti qua e là, ricchezza e miseria in contrasti evidenti. E poi speranze di rinnovamento e di progresso con germi di rivoluzioni in crescita, industrializzazione selvaggia, catene di montaggio nelle fabbriche delle più squallide e solitarie periferie, silenzi assoluti (alla De Chirico e soprattutto alla Sironi), antisemitismo crescente, nazionalismi emergenti e depressioni infinite di fronte ai massacri delle piccole e grandi guerre, con deflagrazione mondiale nella prima guerra e nel periodo eccitato che anticipa la seconda, tra comunismi, fascismi, nazismi e conseguenti oppressive rivoluzioni. Tutto questo periodo, che più o meno va dai primissimi anni del Novecento fino alla Repubblica di Weimar, è rappresentato ora in due mostre che sembrano studiate apposta (a volte il caso gioca bene) per esporre una situazione datata tra il 1905 e il 1933, ed esemplificata dall’arte tedesca, centro di quel profondo tormento che contagiò e sconvolse poi l’Europa prima, e successivamente il mondo.

A Genova l’Espressionismo tedesco 

La prima tappa, che potremmo definire di presentazione, va dall’inizio secolo al 1913, vigilia della prima guerra mondiale. Una grande esposizione di oltre 150 opere (dipinti, disegni, stampe) illustra la nascita e l’evoluzione del gruppo “Die Brücke” (Il Ponte), nome che voleva appunto significare un passaggio tra il vecchio e il nuovo. Le opere esposte, opera degli artisti fondatori del gruppo e di altri che poi si inserirono nel movimento, sono caratterizzate dagli aspetti genericamente già indicati in precedenza: in particolare. figure e volti induriti da un verde acerbo, richiami al Van Gogh di qualche autoritratto, cieli blu intenso, quasi cupo, città sommerse da una luce violenta, personaggi stilizzati che vagano per strade assolate, quasi scheletri o spettri: il tutto tra malinconia, abbruttimento, disperazione, solitudine, noia, con tratti di ribellione anarchica, distrutttiva.

A Venezia la Nuova Oggettività, anch’essa tedesca

Compiuto il primo approccio a Genova, ecco il secondo, a Venezia, con quel movimento che fu definito “Nuova oggettività”, un crudo realismo dopo l’espressionismo. Protagonista ancora la Germania, e in particolare quel periodo dopo la prima guerra mondiale in cui fu costituita la cosiddetta ‘Repubblica di Weimar’. Gli artisti, in questo periodo che va dal 1919 al 1933,  portano agli eccessi una forma di esasperato espressionismo, con opere che rappresentano addirittura con ferocia aggressiva la decadenza e lo sfascio di una società e di una cultura. Il sesso ridotto spesso a bassa prostituzione, le solitudini esasperate delle città industrializzate, con stazioni desolate alla Delvaux, però deserte, gli orrori della guerra e altre storie di miseria e di stupidità guerrafondaia, il tutto espresso con macabra ironia soprattutto da George Grosz, sono alcuni tra i lavori esposti, tra fotografie, incisioni, dipinti, disegni. In questa disperata denuncia (manifestata non soltanto dalla pittura, ma anche dalla letteratura e soprattutto dal cinema, come, ad esempio, il film ‘Nosferatu’ – 1922 – e ‘Mertropolis’ – 1927 –  del grande regista Fritz Lang), ci si ferma stupiti in una sala dove si trova una delicata puntasecca che raffigura due ragazzi che si baciano appassionatamente, opera di Christian Schad.  Siamo nel 1919, e anche Jeanne Mammen, una donna, “ritraeva regolarmente – si scrive nel catalogo – gay, lesbiche, transessuali ed eterosessuali intenti a toccarsi, accarezzarsi o abbracciarsi, o in altre forme di intimità e di profondo coinvolgimento”.  Quasi un secolo fa. La liberalizzazione dei costumi, in molti casi anche assai trasgressiva, era – tra molti altri – un fermento che agitava la società già in profonda trasformazione. Hitler bollò questa produzione come “arte degenerata”. Ma era nella comprensione del fenomeno, non nella sua repressione, il modo più razionale di affrontare le realtà che si venivano imponendo; che poi del tutto nuove non erano, solo che si voleva apparissero, e che fossero conosciute e capite. Tutto qui.

Da Kirchner a Nolde. Espressionismo tedesco  1905 – 1913, Genova, Palazzo Ducale (p.zza Matteotti, 9), fino al 12 luglio. Catalogo Skira.

Nuova Oggettività – Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar 1919 – 1933,

Venezia, Museo Correr, fino al 30 agosto. Catalogo 24 Ore Cultura.

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