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11 Febbraio 2019

L’Ottocento Italiano è importante? Ebbene, sí

Di Redazione

antonio_fontanesi_aprile._sulle_rive_del_lago_del_bourget_in_savoia_olio_su_tela_102_x_153_cm_collezione_privataGIAN LUIGI ZUCCHINI   –   Sembra proprio che, stando alle mostre in corso ed a quelle appena annunciate, si voglia riproporre l’Ottocento italiano naturalmente valorizzandolo, dopo quasi un secolo di prese in giro e di critiche più o meno feroci, a cominciare da Roberto Longhi. Ma ora non si tratta di fare un confronto con gli Impressionisti o il mite Millet o Barbizon, con paesaggi boscosi e la natura bellissima tra ombre e luci, ma di ritrovare, attraverso la pittura, i grandi ideali che hanno formato una nazione, hanno intuito il progresso, hanno valorizzato la realtà rappresentandola nella vita quotidiana e anche nella miseria, e nel contempo hanno raccontato la storia, il passato, l’angoscia e la malinconia, il fervore virile, l’amore e la morte. Tutto ciò, e molto altro ancora, lo si può dedurre soprattutto da alcune mostre, che riassumiamo in breve per ragioni di spazio, dalle quale si ha una visione delle molteplici anime dell’Ottocento, dalla freddezza neoclassica della perfezione fine Settecento all’irruenza del primo Romanticismo, all’ascolto ed alla realizzazione di quanto Foscolo andava scrivendo e gridando: “Italiani, io vi esorto alle storie”. Ed ecco, in Italia, riemergere in una serie di mostre questi ed altri aspetti: il romanticismo patriottico, soprattutto nella prima metà dell’Ottocento, insieme ai grandi temi ripresi anche dalla letterature e dalla poesia, come la notte, la luna, i boschi e il vento tempestoso, i derelitti, come gli spazzacamini. Tutto questo e molto altro nella grandiosa e bella mostra intitolata “Romanticismo”, nelle due sedi milanesi della Galleria d’Italia (p.zza Scala) e al Museo Poldi Pezzoli (v. Manzoni) fino  al 17 marzo. Ma se questa mostra mette a fuoco essenzialmente il Romanticismo (cioè la prima metà dell’Ottocento), l’altra che è appena aperta a Forlì illustra tutto l’Ottocento (musei di San Domenico, fino al 16 giugno. Catalogo importante edito da Silvana Editoriale), un secolo di grandi sommovimenti politici, artistici, sociali ed economici, nell’incalzare di un progresso scientifico e tecnico come mai era accaduto prima. Un secolo che, a ben guardare, fu fortemente rivoluzionario, scontrandosi con l’infantile visione, spesso generalmente accreditata, di un periodo tutto languori e ipocrisie, del dire e non dire, dei moralismi, dei vacui patriottismi o delle bigotterie diffuse: questo soprattutto in Italia, dove nell’Ottocento vennero a galla, con scandalo di molti, gli scontri politici e sociali, dando luogo, a volte in misura addirittura più vivace che in altri paesi europei, ad una realtà espressiva e comunicativa di grande suggestione e di notevole valore culturale, inteso anche in senso propriamente antropologico e sociale.

Così, mentre le lotte risorgimentali si stanno concludendo con la graduale unificazione del paese, si apre la stagione delle riflessioni; potremmo anche dire della ragione, che si pone domande di fronte alle quali la società è costretta a prendere atto: sono cambiamenti non solo di forma di anche di sostanza: e da qui le crisi, il turbamento, il dubbio, l’obsolescenza dei valori tradizionali, per cui l’incertezza del futuro, e conseguentemente il cercare la sicurezza in altri introvabili e forse inesistenti valori: l’arte segue tutto ciò; o meglio, anticipa. Anticipa il futurismo, fenomeno del tutto italiano ed unico nell’età moderna, anticipa la decadenza della famiglia, della religione, dell’insicurezza per cui si cercano poteri forti, dal comunismo, al fascismo, al nazismo, tutti movimenti prodotti dalla fine dell’Ottocento al Novecento. Ed ecco che l’arte passa dal romanticismo al realismo, al verismo, e poi ad una serie di momenti labili e passeggeri, sempre più in dissoluzione: neoimpressionismo, simbolismo, divisionismo, surrealismo, e così via. E in letteratura dal Manzoni al Verga, a D’Annunzio e al superuomo nietzchiano e all’introverso e umbratile decadentismo del Pascoli. Come del resto anche nella musica: dalle opere storico-romantiche di Verdi, Donizetti e Bellini, all’emotiva melodicizzazione di Puccini, dal simbolismo del maturo Mascagni alle avanguardie soprattutto europee, tentate più tardi anche da noi. Tutto questo appunto nella mostra di Forlì, che occorrerebbe davvero vedere per farsi un’idea di cosa è stato il nostro passato storico-artistico, spesso così malamente denigrato anche da noi stessi. Poi, per concludere il quadro, (che però non è completo) ecco una bella mostra su ‘Angelo Morbelli – Luce e colore’, in corso presso la Galleria Bottegantica (v. Manzoni, 45, Milano. Catalogo Bottegantica), nel centenario della morte dell’artista; un pittore che, essendo nato nel 1853, era lontano dalle fiamme del primo impetuoso Romanticismo, ma già incline a cogliere, nei colori, nella luce e in certe malinconie di visione quei tratti di modernità che emergeranno poi nel secolo nuovo. Si vedano, per esempio, i dipinti delle ballerine alla Scala (Degas? Perché no!) e le sfuse pennellate, già in dissolvenza divisionista (da un certo Pissarro a Previati, poi ad un primo simbolismo) mentre emergono i dipinti di carattere sociale, dove viene messa in luce con drammatico sentimento la vecchiaia, la povertà, la tristezza solitaria della morte, come nella serie dei piccoli capolavori tratti da scene quotidiane del Pio Albergo Trivulzio di Milano (qui esposta soltanto un’opera, ma la serie completa fu esposta a Milano poco tempo fa, ora chiusa).

Queste sommarie indicazioni potrebbero concludersi con due ultime citazioni:

– al Castello di Novara, fino al 24 febbraio, la mostra “Ottocento in collezione: dai Macchiaioli a Segantini”;

– “I macchiaioli. L’arte italiana verso la modernità” alla GAM (Galleria Arte Moderna) di Torino, fino al 24 marzo.

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