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23 Maggio 2020

Stessa spiaggia, stesso mare?

Di Giancarlo Roversi

“Per quest’anno non cambiare stessa spiaggia stesso mare…”. Questo consiglio, che risuonava in una vecchia canzone, sembra uno slogan coniato dal governo per indurre gli italiani a riprendere vecchie abitudini caserecce per dare una mano a uno dei nostri settori basilari quello del turismo e corroborare la nostra sgangherata economia.

Sì, a ben pensarci, è davvero un messaggio che si adatta benissimo alla realtà attuale e che ci riporta a un clima meno viziato e incazzoso come quello dell’inizio degli anni ’60 in cui uscì la canzone di Mogol e Piero Soffici. Resa popolare da Piero Focaccia, iniziava appunto con l’invito a tornare in vacanza nella solita rassicurante spiaggia dove erano ad attendere gli ospiti i volti familiari e sorridenti di albergatori, di gestori di ristoranti e bagnini. Un motivetto gioioso che si lasciava canticchiare con piacere da tutti, perché spensierato, non lamentoso, forse un po’ corrivo, ma simpatico e facilmente intonabile, che fece la fortuna di Piero Focaccia e non venne disdegnata neppure dall’inarrivabile Mina. Lo si sentiva riecheggiare da tutti i jukebox e dai pubblifono, dislocati sugli arenili dei centri marini, e che bene esprimeva il clima ancora semplice e pieno di speranze per il futuro, di un’Italia che stava vivendo il momento del cosiddetto boom economico. Un’Italia certamente più sobria rispetto ad oggi, un’Italia ancora legata a vecchi riti famigliari e vacanzieri che difficilmente oltrepassavano i confini nazionali, spesso addirittura quelli regionali. Del resto gli aeroporti e i voli erano pochi e non c’erano tour operator in grado di proporre viaggi in paradisi esotici. Quello dei vacanzieri di allora era un esercito che, puntualmente, allo scoccare fatidico delle ferie, saliva in macchina, anzi sull’utilitaria, ma anche in moto o in scooter, per affollare con lunghissime colonne le strade della Penisola e la prima autostrada, quella del Sole, appena inaugurata, che univa il Paese dal nord al centro-sud. Anche quando le code erano interminabili non si andava in escandescenze, ma si sopportavano l’afa, la sete i continui stop and go e gli altri imprevisti con uno straordinario spirito di rassegnazione. Semmai, semmai si scendeva dall’auto per scambiare quattro chiacchiere e qualche bonaria imprecazione con gli altri compagni di avventura (o meglio di sventura!), o magari per scambiarsi anche un po’ d’acqua. Ma sempre senza quell’aggressività e quella animosità che hanno segnato il comportamento di non pochi automobilisti dei nostri tempi.
Anche chi partiva in treno tollerava con pazienza lunghe attese e ritardi interminabili e si rassegnava a sopportare l’inscatolamento in vagoni di terza classe maleodoranti e stipati, infuocati e pieni dei rimasugli di spuntini estemporanei dei bambini che innestavano l’automatic repeat interiore per chiedere ossessivamente ai genitori il tempo mancante fino all’arrivo. Nessuno dei compagni di tortura però si lamentava perché alla fine del viaggio si sarebbero spalancate le porte dell’agognata meta vacanziera. Dal nord si snodava verso i lidi paterni un interminabile serpentone formato dal folto esercito di quelli che erano emigrati con la valigia di cartone dal sud alle regioni del nord e che, dopo un anno di duro lavoro, tornavano ad affondare le loro radici nel rincuorante e tonificante humus della terra natia per rituffarsi ancora nell’abbraccio caldo di indimenticati affetti parentali.

Viaggio in Italia MIBCT

F. Corbetta, Veduta prospettica d’Italia, 1853 | SAB dell’Umbria e delle Marche

Spesso le destinazioni erano le spiagge meno distanti da casa, proprio la “stessa spiaggia” cantata da Piero Focaccia, per ritrovare i soliti amici dell’anno prima e ascoltare le storie personali vissute da ognuno. Ma anche per approdare nello stesso hotel, anzi nella stessa pensione familiare, spesso prenotata anche un anno per l’altro, addirittura nella stessa camera. Non di rado si scopriva, con una certa delusione, che la ragazza corteggiata l’anno prima aveva qualcosa di diverso, di allarmante, e inalberava bene in vista un anello nel fatidico anulare della mano sinistra, mandando all’aria tutti i progetti di riconquista e i sogni covati per un anno. E rendendo superflua l’altra strofa della canzone di Focaccia quella che recita: “per poterti rivedere, per tornare, per restare insieme a te”.
La scelta delle mete di vacanza disponibili era soprattutto limitata all’Italia e come mezzi di trasporto al treno, all’auto o al limite ai pullman di linea.
Insomma la canzone di Mogol e Soffici, che stimolava gli italiani a riapprodare ogni anno nella stessa spiaggia e sullo stesso mare, aveva un senso. E, se prestiamo fede alle più recenti indagini demoscopiche, lo potrebbero avere anche nella prossima estate. L’unica cosa di cui forse sentiremo la mancanza sarà, una volta rientrati a casa, il piacere di raccontare a parenti, colleghi e amici le emozioni esotiche purtroppo non vissute.
Comunque buone vacanze a tutti perché l’Italia, con tutto ciò che offre sotto ogni angolazione, resta uno dei Paesi più stimolanti e intriganti del mondo e, seppur nella situazione deprimente di oggi, possiamo ritenerci fortunati ad averla a portata di mano. E forse è giunto proprio il momento per riscoprirla…, “grazie” al Covid 19.

Leggi anche: Immagini dalle vacanze che furono per sostenere l’estate che verrà

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